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Olio vegetale, turbine e vecchi motori di nave: ecco il biodiesel per l'Eni

di Cristina Casadei

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8 Gennaio 2010

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Completata la prima innovazione il management ha cominciato a lavorare alla seconda, il prodotto più importante della "sintesi" del 2006. Con un investimento di 30 milioni di euro, è stato installato un impianto per la produzione di biodiesel con la potenzialità di 200mila tonnellate ed è stata costituita una società apposita, la Oxem, un acronimo che comprende la Oxon, l'iniziale della parola energia e quella di Mezzana Bigli. L'impianto è partito un anno fa e per ora produce circa 60mila tonnellate di biodiesel. La nuova nata ha già intascato un accordo con l'Eni che a San Nazzaro de' Burgundi, a pochi chilometri da Mezzana Bigli, ha una delle sue più grandi raffinerie. Per evitare un appesantimento da costi logistici, con un ulteriore investimento, è stata costruita una pipeline sotterranea che collega gli impianti Oxem ed Eni, in modo che «possiamo pompare all'Eni parte del biodiesel prodotto ed Eni può miscelarlo nel suo diesel secondo le percentuali previste dalla legge».

Questi due investimenti che hanno portato Oxon verso nuovi lidi, pur mantenendo quelli dei principi attivi per agrofarmaci, hanno evitato alla Oxon una ristrutturazione che avrebbe avuto un pesante impatto sull'occupazione. A Mezzana Bigli dal 2006, con il rallentamento della produzione, è stato fatto ricorso alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Senza una via alternativa, al termine, ci sarebbe stato l'annuncio degli esuberi e l'avvio della mobilità. Invece, la forza lavoro è stata mantenuta, quella in esubero alla Oxon è passata alla Oxem ed è stata assunta una decina di persone.

La storia non è finita. «Poi c'è il terzo progetto», dice Affaba che sembra aver preso gusto a innovare. È in fase di realizzazione ma lo stato dei lavori fa pensare che prenderà corpo presto. Questa volta protagonista è Sipcam e il lavoro non riguarda più un territorio ma sarà nazionale perché prevede la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da biomassa in tutta Italia. In questo caso «Sipcam, attraverso una neonata società di scopo, Biosviluppo, realizzerà centrali elettriche da un megawatt che sfrutteranno materia prima di origine vegetale, prodotta e coltivata in Italia», spiega Affaba. Il progetto è nato in collaborazione con gli agricoltori cui la multinazionale degli agrofarmaci fornirà le competenze chimiche e ingegneristiche in cambio di un'area dove costruire la centrale e delle materie prime. «Gli impianti sono come degli stomaci che vengono alimentati con materia prima di origine vegetale che viene fatta fermentare nei digestati, producendo gas metano in seguito alla fermentazione e poi energia elettrica». Per ora ci sono due autorizzazioni, una a Genzone, vicino Pavia e una a Serravalle Po, in provincia di Mantova. «Ma guardate l'idrogeno tacere nel mare, guardate l'ossigeno al suo fianco dormire: soltanto una legge che io riesco a capire ha potuto sposarli senza farli scoppiare». Gli elementi sono molti di più di quelli indicati da Fabrizio De André (Il chimico) ma alla fine, alla Oxon e Sipcam sembra che sia andata proprio così.

8 Gennaio 2010
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